IL COMANDANTE

Scriveva Primo Levi: «Niente è più necessario della conoscenza per evitare il ripetersi della tragedia, soprattutto se essa prende forma lentamente nella progressiva seduzione delle masse».
Il diario del secondo anno scolastico di un bambino che nel 1937 aveva sette anni diventa il punto centrale di una riflessione umana e storica su un passato a noi tramandato. La voce ingenua dell’infanzia si frammenta in un’individualità collettiva. L’orrore della guerra, dell’intolleranza, dell’odio razziale ricorre sempre uguale a sé stesso, al di là di ogni ornamento artificioso. A partire da questa formula, ripetibile e, purtroppo, tutt’ora emulata in ogni parte del mondo, sentiamo l’urgenza di confrontarci con quel passato da cui vogliamo tenerci a debita distanza ora più che mai, capace di riproporsi sotto marchi e colori diversi soprattutto in un’epoca in cui la propaganda si è ramificata online e ci raggiunge ormai capillarmente.
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